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28 marzo 2017

Mário Macilau, il ragazzo di strada che diventa un famoso fotografo

Grazie ad Ana Marques Maia
ricevo e pubblico con piacere questa testimonianza
che racconta la storia di un ex bambino di strada che ce l'ha fatta.
Stavolta non siamo in Brasile coi meninos che già conoscete ma in Mozambico
un posto come un altro, tanto loro sono ovunque...purtroppo.


Come i bambini fotografati per il suo progetto "Growing in Darkness"
Mário era un ragazzo di strada a Maputo.
Oggi, la sua casa ha raggiunto la dimensione di mostra permanente
ed è la testimonianza diretta del suo vissuto e della sua vittoria.

All'età di otto anni, nel 1992, lavorava già in un negozio di alimentari
ed essendo l'unico 'uomo' della famiglia
doveva assicurare il pane sulla tavola.
Aveva la sussistenza di sua madre e le sorelle
ma il padre era partito per il Sudafrica un anno prima in cerca di lavoro
dunque era lui che 'usciva'.
I suoi piccoli amici vivevano in strada
dedicandosi alla criminalità come unico mezzo di sussistenza.
Come sapete, in questi casi succede che parliamo di bambini un po' speciali
ed anche lui come tutti, terminata la sua infanzia
aveva già l'esperienza degli adulti.
Questa conoscenza così precoce e dannosa gli fu utile anni dopo
nello sviluppo del progetto fotografico "Growing in Darkness", nel 2012.

"Quando sono diventato un fotografo
non ho mai pensato che potevo fare un progetto sui bambini di strada.
Non c'era la motivazione sufficiente per me
ero anchio un bambino di strada
ma non ho mai voluto fare qualcosa per mostrarlo.
Poi mentre lavoravo per questo progetto
la mia memoria ha riconosciuto molte cose
tutto mi era familiare: il modo di essere e di vivere
la capacità di sognare e di essere qualcuno anche in quella circostanza.
Era un tributo che dovevo alla vita e ho deciso di espormi."

"I bambini di strada sono spesso oggetto di abuso
negligenza, sfruttamento o, in casi estremi
vittime di morti violente e terribili.
Ho camminato nello loro spazio privato
visitato i ponti e gli edifici abbandonati in cui vivono e dormono.
Sono luoghi impensabili, bui, umidi e pericolosi.
Non c'è nessuna disponibilità di acqua o elettricità
né di poter godere alcun tipo di comfort domestico.
Sono luoghi di morte vivente e quotidiana."

"La fotografia spesso funziona come una barriera mentale ed emotiva
tra il fotografo e l'immagine.
Tenere una macchina fotografica può creare un contorno tra i cuori
ed è per questo che la prima fotografia appare sempre dentro la mia mente."

"Ho dovuto spiegare che anchio ero come loro
e solo dopo questa posizione di amicizia ho potuto catturare la loro esistenza
l'avversità degli ambienti che frequentano, la forza dei loro corpi
spesso condannati a una morte precoce e la resilienza
con cui affrontano il disagio.
La droga e l'abuso appaiono in questo contesto
come la fuga 'naturale' dalla realtà spietata in cui sono immersi."

"Sprofondano nell'uso di ogni sostanza possibile e impossibile
fino ai farmaci più dannosi e sono in uno stato di debolezza perenne e malnutriti.
I rischi che corrono sono quotidiani sia per malattia che lesioni da incidenti stradali
street fighting, molestie da estorsori e polizia
sfruttamento sessuale di pedofili e papponi, esposizione all'abuso di sostanze
e malattie sessualmente trasmissibili."

"Usano spesso sostanze inalanti e solventi tra cui il 'rugby'
una colla a base di toluene, la loro droga preferita.
Anche lo sciroppo per la tosse e la marijuana sono di uso comune
ma si usano in gruppo e solo in occasioni speciali, costano troppo.
Alcuni di loro si fanno tre volte al giorno
un modo per sopportare e sopportarsi a vicenda.
Per le strade di Maputo, la sopravvivenza è l'unica legge
e il codice del loro comportamento dipende dall'osservazione degli altri
sia adulti che coetanei."

"Esiste nel mio cuore un conflitto tra sensi di colpa
e la necessità di intervenire sulla realtà che documento.
Focalizzare il consumo di droga, la povertà e la loro attività di lavoro
non è mia intenzione esplicita e fine a se stessa.
Il mio lavoro rappresenta un tentativo di dare loro una voce
un palcoscenico, illuminare la loro vita fragile e fugace
e per dare uno spazio dove possono comporre una loro mmagine
riflettendo su se stessi."

Mario racconta che durante la sua adolescenza
è riuscito ad istruirsi grazie all'attenzione di volontari
che lo facevano leggere regolarmente coinvolgendolo a sua volta
come volontario in attività promosse
dalle varie organizzazioni non governative di Maputo.

"Si, è così che ho imparato a parlare inglese
uno strumento che è diventato essenziale nello sviluppo della carriera."

Nel 2009 divenne fotografo dell'anno, risultando finalista
nel concorso dell'UNICEF con immagini del Sud Africa e Zimbabwe.
L'anno successivo, i suoi lavori vennero presentati in tour in Nigeria, Belgio e Spagna.
Nel 2011, la distinzione nel "BES", premio fotografico dal Museo Berardo Collection e nello stesso anno le mostre di Lisbona, Londra, New York e Berlino.
Nel 2012, l'esposizione dei suoi lavori arrivarono al festival Les Rencontres d'Arles in Francia.

"È bene ricordare che oggi uno svantaggio
può essere un vantaggio in futuro e viceversa.
Io sono una persona che non vive attaccato al passato
ecco come ho raggiunto la mia libertà.
Con questo voglio dire che sono stato un ragazzo di strada per molti anni
ho sofferto molto, ho studiato in ritardo, o meglio
non ho studiato, ma questo serve come lezione di vita.
Ho perlustrato molti percorsi, incappando molte volte
nei miei amici morti in strada a causa dei loro problemi di salute
e adesso sto andando avanti dicendo al mondo ...
HEY, SONO VIVO!"

Alcune foto della sua "Growing in Darkness"
sono a grandezza naturale per farvi godere pienamente della loro forza e bellezza